CHE COS’È L’ITALIA? IL ROMANZO DI UNA NAZIONE TRA UTOPIA E DISTOPIA

Consegna degli articoli: 25 Novembre 2021

Uscita del numero: Dicembre 2021

Inviare a: redazionethomasproject@gmail.com

KEY PAPERS: Miguel GOTOR, Enrica LISCIANI-PETRINI, Giuseppe LO CASTRO,  Maurizio MAGGIANI.

Che cos’è l’Italia oggi? Ha senso pensarla ancora 160 anni dopo la sua costituzione in Stato? Si può ridurre l’Italia ai cittadini italiani? Quali utopie e quali distopie la attraversano, la contestano e la legittimano ancora oggi?

L’Italia ha una peculiare storia. A differenza di altri Paesi, la sua identità precede di gran lunga la sua costituzione statuale. Essa è frutto, più che di una conquista politica, di un lento sedimentarsi nell’immaginario culturale. In questo senso, l’Italia è un paese di padri della patria, da Dante e Petrarca in poi, prodotto di immagini letterarie e retoriche, che hanno attraversato diverse epoche, puntualmente subendone i contraccolpi. Non ultimo tra questi, lo svuotamento dovuto al nazionalismo e alle tragedie del ventennio fascista, che rendono difficile ancora oggi pensare l’Italia come patria, specialmente quando nuove forme di fascismo e di nazionalismo tornano alla ribalta.

Tuttavia la domanda persiste, soprattutto in un momento che vede un progressivo sgretolamento delle sovranità statuali: che ne è della nostra visione del paese e dei suoi miti fondativi o rifondativi? La vicenda del Risorgimento, la cui stessa nozione rimanda a un passato glorioso da recuperare, è stata di recente ripensata da Mario Martone nel film Noi credevamo: una vicenda che parla, a volerla osservare da vicino, delle immani speranze utopiche di tutta una generazione di ventenni e trentenni, mobilitata per anni dietro a Garibaldi e a Mazzini. Del resto, basta leggere “Confessioni di un italiano”, di Nievo per capire come il Risorgimento italiano sia stato parte integrante di tutti i movimenti rivoluzionari dell”800. Il Risorgimento rinasce simbolicamente nel segno della Resistenza, il cui termine rimanda a una difesa dell’identità nazionale dall’invasione e dalla persecuzione dello straniero o del tiranno, ma attraverso la proposta di un valore rifondativo dell’identità nazionale su una base nuova, questa volta repubblicana, democratica, antifascista.

Che ne è dunque di questi miti fondativi, utopici e politici di fronte allo smarrimento provocato dal trauma della strategia della tensione degli anni ’70 e degli effetti culturali di quella che è stata la “peggiore borghesia d’Europa”, secondo Pier Paolo Pasolini? Se infatti l’Italia, la sua unità, e la sua ricostruzione rimandano anche a progetti di profondo riscatto sociale e ideale, forse avrebbe ancora senso pensare oggi a una certa storia italiana, tradita, umiliata, fascistizzata, monumentalizzata. Vista da fuori, l’Italia è ancora qualcosa, una forma simbolica che non si può interamente ridurre a quella che Metternich definiva “una semplice espressione geografica”. Ma vista da dentro, vista dagli italiani insomma, l’Italia rischia di essere ridotta a poca cosa: un insieme di egoismi, di campanilismi, di “particulari”, come diceva Guicciardini, non più nazione, non più Paese, obiettivo di tutti i rancori inespressi contro uno Stato inefficiente, oppure, al contrario, la piccola patrietta di uno stato d’animo neofascista.  

Sia il Risorgimento che la Resistenza hanno prodotto forme diverse di memoria simbolica, nella letteratura, nella musica e nel cinema che, oltre alla retorica scolastica e ufficiale, non hanno mancato, nel loro costituire un immaginario unitario, di produrre anche delle contronarrazioni. Dalle forme dell’antirisorgimento, allo svelamento dei suoi fallimenti, dalle forme della più o meno sotterranea sopravvivenza di tentazioni fasciste alla nuova immagine della resistenza come «guerra civile» in un paese diviso, fino alle forme e agli slogan centrifughi dei regionalimi o secessionismi.   

L’identità nazionale si fonda del resto anche su un territorio e su una popolazione divisi, divisione visibile in alcuni particolari fenomeni: prima l’immigrazione interna dal sud verso il nord industrializzato, con la produzione, ancora negli anni ’60, di “orientalismi” che hanno perpetuato la visione con cui già dopo l’Unità i generali piemontesi legittimavano l’azione di repressione nel Sud; oggi, la divisione tra italiani e immigrati; senza dimenticare, infine, le divisioni radicali che attengono alla storia politica nazionale, forse più che in altre nazioni europee: quella tra fascismo e antifascismo, monarchia e repubblica, democristiani (o cattolici) e comunisti (o laici).

Alle soglie del nuovo secolo i vecchi miti dell’identità letteraria segnano il passo, o sopravvivono nelle forme di icone buone per una pubblicità di richiamo nazionale, per una collana di libri della nazione da commercializzare in edicola, per un canone di studio che resiste nella scuola, dove sempre più, peraltro, si inseriscono ormai nuovi scrittori europei.  

A 160 anni dall’unificazione statale, quali nuove forme simboliche oggi legittimano e sostengono dunque l’Italia? Quali valori e quali pratiche? Tenuti insieme da una cittadinanza statale, gli “italiani” pensano ancora il proprio Paese o si sono rassegnati a pensarlo solo “da fuori”, o ancora a partire da una codificazione della frontiera vista come limite alla condivisione e alla trasformazione di forme simboliche sclerotizzate?

Gli articoli possono avere un approccio filosofico, letterario, artistico, teologico o politico, e possono essere scritti in una delle cinque lingue della rivista: italiano, portoghese, inglese, francese e spagnolo.

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Organizzazione del processo editoriale: 

25 Novembre: invio degli articoli;

25 Novembre – 5 Dicembre: periodo dei lavori di referaggio e invio di eventuali proposte di modifica;

20 Dicembre: consegna dell’articolo definitivo;

20 dicembre – 31 Dicembre: periodo dei lavori redazionali, di impaginazione e verifica editoriale;

Dicembre 2021 / Gennaio 2022: uscita del numero.