ANDREA CENGIA [ITA_01.10.19]
In un articolo del 2004 Jacques Ranciere si chiedeva: «Who Is the Subject of the Rights of Man»[i]? Mi è venuto in mente quell’articolo pensando alla mobilitazione globale che il 27 settembre scorso ha portato a manifestare milioni di giovani in varie località del mondo[ii]. Va detto da subito che l’entità delle forze umane messe in campo è così significativa da non poter essere sottovalutata. Anzi essa rappresenta un auspicabile punto di partenza per un coinvolgimento delle giovani generazioni nei giganteschi problemi politici che attraversano il pianeta. Ed è su questo ultimo aspetto, ossia sulla dimensione politica della manifestazione, che ritengo occorra iniziare a riflettere. Queste poche righe non hanno l’ambizione di contenere un’ analisi strutturata del fenomeno, ma vorrebbero contribuire a delineare alcuni aspetti di questo processo, al fine di identificarne con maggiore precisioni limiti e possibilità.
Il punto sul quale credo occorra focalizzare l’attenzione è uno dei passaggi del discorso di Greta Thunberg nel quale l’attivista svedese, ha affermato che il futuro «was sold so that a small number of people could make unimaginable amounts of money. It was stolen from us every time you said that the sky was the limit, and that you only live once»[iii]. Si tratta di concetti che Greta aveva avuto modo di esprimere anche nel discorso al Senato italiano il 18 aprile 2019: «ci avete rubato il futuro»[iv]. E qui torna in mente Ranciere. Parafrasando il titolo di quell’articolo, credo che occorra chiedersi a chi si riferiscano i discorsi di Greta e di questa ondata ecologista quando evocano la dimensione collettiva del “noi”. Quindi: chi è il soggetto ‘noi’ dei Fridays for future? Sembra abbastanza chiaro che ad una prima considerazione il “noi” qui evocato si riferisca ad una dimensione generazionale: i giovani contro gli adulti, la società del futuro contro la società del presente, i giovani cittadini contro le élite politiche nazionali e internazionali. Si tratta di un “noi” che, se da un lato evoca meritoriamente una radicale trasformazione degli stili di vita e una parallela riconsiderazione dei valori d’uso dei beni materiali e naturali, dall’altro rovescia sulle classi dirigenti del mondo politico internazionale la responsabilità di non aver fatto niente o, almeno, non abbastanza per la tutela del pianeta. Si ripropone così uno schema duale tra una nuova società civile, sincera e votata al bene del pianeta, e un universo politico-economico sul quale convergerebbero tutte le accuse. Rimangono nell’ombra le relazioni tra società civile e classi politiche, specie se si considera che molte delle nazioni interessate a questi discorsi utilizzano lo schema della rappresentanza politica.
Inoltre, sulla dimensione della tutela dell’ambiente, ci sarebbero alcune considerazioni che potrebbero essere svolte, in particolare segnalando la somiglianza di questo concetto con quello della tutela dei diritti umani. Si tratta del passaggio che Ranciere, ricordando Marx, definiva come formalismo dei diritti dell’uomo[v]. Ed è proprio il giovane Marx che si assume l’onere di argomentare un discorso contro questo formalismo affermando che diritti umani non sono un dono della natura, ma pertengono alla dimensione comunitaria della lotta politica. L’operazione di astrazione che qui viene messa in atto separa l’uomo «dall’uomo e dalla comunità»[vi] come ricorda Marx richiamando Baurer. Infatti, ricorda Marx, che i cosiddetti diritti dell’uomo «vengono in quanto tali distinti dai droits du citoyen»[vii]. Diviene così legittima la domanda «Chi è l’homme distinto dal citoyen»[viii]? Marx insiste sulla individuazione dei diritti. Oggi come allora, vi è la necessità della determinazione delle coordinate storiche, culturali e politiche della battaglia per il pianeta. Quest’ultimo non va considerato in astratto, ma va esperito come luogo di intreccio problematico tra sfruttamento dell’uomo e sfruttamento delle risorse ambientali e come contesto storico dello sfruttamento di alcuni uomini su altri uomini. Per Marx l’isolamento dell’uomo proiettato verso la sua libertà individuale produce una società egoista. Un discorso pubblico sul clima, che non tenga conto delle coordinate sociali dei soggetti coinvolti, rischia di produrre una forma paradossale isolamento. Avviene così che un movimento a larga diffusione sul piano dello spazio, possa isolarsi, senza mettere in gioco la capacità di intrecciarsi con le stratificazioni sociali che si dispiegano secondo l’asse concettuale che va dai ricchi paesi occidentali al cosiddetto sud del mondo.
La straordinaria spinta dei Fridays For Future va quindi sostenuta attraverso la presa di consapevolezza che, questa battaglia per la sopravvivenza del pianeta, non può essere colta in astratto, ma richiede una collocazione contingente all’interno delle precise forme di relazione sociale che attraversano la quasi totalità del nostro pianeta. Ciò da cui si ritiene si debba partire è la necessaria precisazione del soggetto storico e geografico interessato dalle trasformazioni. Se è pur vero che tutta la popolazione mondiale subisce, anche se con gradienti differenti, gli effetti delle trasformazioni climatiche, occorre affermare che queste ultime non trovano una equa ripartizione delle responsabilità della loro genesi tra le popolazioni del pianeta. Più nello specifico occorre rimarcare che l’apporto del “noi”, inteso qui come giovani contro adulti, appare troppo astratto per poter produrre forme di riflessione consapevole sui processi in corso. Se analizziamo il rapporto tra Paesi capitalistici occidentali e resto del mondo non è così difficile intuire che l’apporto alle trasformazioni climatiche, ad esempio rispetto agli stili di vita, ricade prevalentemente sui cittadini occidentali, di cui le giovani generazioni non sono che una sottocategoria. Detto diversamente, come è stato recentemente dimostrato «the poorest 50% of the planet was responsible for only 10% of global emissions»[ix], pur raggiungendo una soglia di sfruttamento ben più alta delle classi lavoratrici del XIX secolo. Si ritiene che prospettive come queste dovrebbero rientrare nelle priorità analitiche del “noi” indicato dai manifestanti. Il “noi” evocato rischia altrimenti di rimanere un’astrazione priva di coordinate a causa della sua indeterminatezza storica, geografica e sociale. Questo perché, anche l’auspicabilissima svolta “green”’ di cui ha bisogno il pianeta, rischia altrimenti di insistere su processi di produzione delle disuguaglianze la cui forza si esprime anche attraverso stili di vita largamente incompatibili non solo con le risorse planetarie, ma anche con il futuro delle giovani generazioni non occidentali e il loro durissimo sfruttamento. Per la stessa ragione, occorre interrogarsi anche su quei processi ‘virtuosi’, pur importantissimi, che sembrano preannunciare un esito irenico del rapporto uomo-clima. La stessa “rivoluzione verde”, ossia un differente rapporto tra uomo e ambiente, deve superare alcune forme di astrazione. Ad esempio in merito all’utilizzo di beni di consumo rispettosi dell’ambiente, specie in campo energetico, è necessario che venga determinato il soggetto agente. Occorre quindi individuare quale soggetto non astratto dovrebbe contribuire al successo di questa rivoluzione. In caso contrario l’azione trasformativa rischia di essere inefficace a partire dalla sua autorappresentazione. La modificazione virtuosa degli stili di vita non può realizzarsi in astratto, ossia separandosi dalle implicazioni relative alle forme di sfruttamento delle popolazioni più povere del pianeta[x].
La determinazione quindi delle responsabilità globali e l’individuazione del ruolo dei soggetti implicati in questa battaglia per il clima richiede di uscire dall’astrazione di categorie sociali troppo imprecise. Il “noi” deve essere interrogato su più piani. Chi sono i soggetti della battaglia per il clima? Quali relazioni detengono? Quanta coscienza hanno l’uno dell’altro? Vi è la consapevolezza politica che l’assunzione di pratiche “ecologiche” nei Paesi ricchi, può implicare deforestazione, estirpazione di colture di sussistenza, nonché sfruttamento dei lavoratori, al fine di produrre le più redditizie merci “green”? La buona volontà o forme di razionalità[xi] efficientiste non sono sufficienti se rimangono nel campo della morale e non riescono a politicizzare il quadro economico nel senso di una critica radicale al modello della società di libero mercato, sorretto da forme ipertecnologiche. Si corre altrimenti il rischio che le potenzialità di queste manifestazioni si esauriscano con la piacevole azione sociale della condivisione di innumerevoli foto dell’evento sui canali social e si sazino i languori della fame con un hamburger d’asporto. Due pratiche che, com’è noto, da un lato aumentano il consumo energetico dei giganteschi server informatici che ospitano i nostri dati[xii], e dall’altro danno un’ulteriore spinta all’insostenibile consumo di carne[xiii] dei Paesi occidentali[xiv]. Si tratta di un’attenzione da mettere in campo affinché, come ricordano Ranciere e Marx in merito alla retorica dei diritti umani, il raggiungimento dell’ambizioso e necessario obiettivo della lotta per la salvezza della terra non rischi di generare il suo contrario.
[i] J. Ranciere, Who is the Subject of the Rights of Man?, TheSouth Atlantic Quarterly, vol. 103:2/3, fasc. Spring/Summer, 2004, pp. 297–310.
[ii] Secondo alcune fonti di stampa, come The Guardian, i partecipanti hanno raggiunto l’importante cifra di 6 milioni. Si veda M. Taylor, J. Watts, J. Bartlett, Climate crisis: 6 million people join latest wave of global protests, The Guardian, settembre 27, 2019, par. Environment, https://www.theguardian.com/environment/2019/sep/27/climate-crisis-6-million-people-join-latest-wave-of-worldwide-protests.
[iii] G. Thunberg, «You did not act in time»: Greta Thunberg’s full speech to MPs, The Guardian, aprile 23, 2019, par. Environment, https://www.theguardian.com/environment/2019/apr/23/greta-thunberg-full-speech-to-mps-you-did-not-act-in-time.
[iv] http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/clima-posti-esauriti-in-senato-arrivo-greta-85b192fb-d8a3-45c7-86d5-7998f8ddbffc.html
[v] J. Ranciere, op.cit., 297.
[vi] K. Marx, F. Engels, Opere complete 3: 1843-1844, N. Merker (a cura di) , Roma, Editori Riuniti, 1976, p. 176.
[vii] Ibidem, 175.
[viii] Ivi.
[ix] AA. VV., iPhone Workers Today Are 25 Times More Exploited Than Textile Workers in 19th Century England: The Thirty-Ninth Newsletter (2019)., Tricontinental: Institute for Social Research, The Tricontinental, s.d., https://www.thetricontinental.org/newsletterissue/iphone-workers-today-are-25-times-more-exploited-than-textile-workers-in-19th-century-england-the-thirty-ninth-newsletter-2019/.
[x] N. S. Diffenbaugh, M. Burke, Global warming has increased global economic inequality, Proceedings of the National Academy of Sciences, vol. 116, fasc. 33, agosto 2019, pp. 16171–16172.
[xi] L. Williams, The Unseen Costs of Climate Alarmism Are Paid by the Global Poor, settembre 9, 2019, https://fee.org/articles/the-unseen-costs-of-climate-alarmism-are-paid-by-the-global-poor/.
[xii] T. Bawden, Global warming: Data centres to consume three times as much energy in next decade, experts warn, The Independent, gennaio 23, 2016, http://www.independent.co.uk/environment/global-warming-data-centres-to-consume-three-times-as-much-energy-in-next-decade-experts-warn-a6830086.html.
[xiii] Su questo si vedano i dati eloquenti riportati in https://essay.ispionline.it/?page_id=778
[xiv] Q. Schiermeier, Eat less meat: UN climate-change report calls for change to human diet, Nature, vol. 572, agosto 2019, pp. 291–292.