di Luciano Marabello (ITA_18.04.2020) qui la seconda parte
Lo svuotamento forzato delle città ci ha consegnato immagini inedite del presente ridefinendo delle cornici chiare e sublimi di rappresentazioni urbane, erodendo gli orpelli e depurando le visioni. Guardando queste immagini di città insieme al vuoto del presente, scorre un brivido rispetto al futuro: ci chiediamo infatti quale possa essere il senso duraturo di un paesaggio urbano (dilatato) e senza figure. Fascino immediato dell’immagine, ma raggelamento (e Immunitas) per la scomparsa della communitas da piazze, strade e portici.
Gli spazi e i luoghi sono il sedime fisico e culturale delle relazioni dei corpi, includono ed escludono i corpi, sono il loro vuoto ma anche il loro pieno, si formano per le relazioni o per i significati che queste relazioni umane gli attribuiscono. Gli spazi e i luoghi possono emanciparsi dall’uso dimostrando la potenza dell’intuizione artistica che li ha generati, ma tornano ad essere prova umana misurata e smisurata quando anche solo un uomo, il Papa o un Gendarme, li affrontano, come avvenuto dentro la straordinaria piazza San Pietro totalmente vuota del 28 marzo 2020.
Gli spazi legati alle attività lavorative, ludiche e sportive vivranno nuove modalità, ma non sappiamo ancora quali se non attraverso le ipotesi maldestre che immaginano, per distanziare socialmente, un mondo orientato ai modelli e alle partizioni degli allevamenti intensivi, con box, delimitazioni e centuriazioni fisiche.
Nella città profilattica Luoghi e Spazi instaureranno nuovi tempi con usi alternati o rallentati, i luoghi confinati avranno un tempo e uno spazio tradizionale e di uso diretto ma conterranno anche altri luoghi remoti o delocalizzati. Questa esperienza del luogo traslato può produrre nuove forme di non luoghi o iper-luoghi, protetti e seduttivi, rigidi e separati, immaginati come riassunti del molteplice, muri sensibili su cui ritrovare pezzi di mondo introiettati dall’esterno e pezzi di vita interna alle vite degli ambienti confinati, proiettate all’esterno. La città nella storia ha sperimentato tante forme e tipologie di edifici con cui affacciarsi e ritirarsi sul mondo.
L’annuncio di vari gradi di confinamento e sicurezza nella città immunitaria e profilattica passa da ambiti urbani sanificati e ambiti rischiosi, da ambiti claustrali ad ambiti temporanei.
Il confine delle città e delle sue prossimità mette in gioco, o forse fuori dal gioco i salti di scala e l’estensione progettuale oltre il limite: se un luogo non lo posso raggiungere forse non lo posso neanche pensare, se non nella sua possibilità radicale di modello utopico.
Infatti è la distanza che va misurata e la prossimità che va individuata: la città profilattica rischia un quadro raggelato a partire dall’ incredibile rafforzamento della sua identità formale, ma non sufficiente alla sua esistenza.
Alla ripartenza dopo la pandemia, gli spazi di transito, quelli per il viaggio e gli spostamenti, sembrano doversi conformare al peso e al tempo necessario all’accodamento e al controllo delle persone: gli spazi avranno taglie grandi per contenere nuove partizioni e nuove anticamere, nuove zone filtro e diffuse safety zone.
(continua)
In copertina: Lucie de Barbuat et Simon Brodbeck “Silent world” (2010)