[Nella giornata dell’8 marzo la redazione di Thomasproject riprende un articolo della studiosa Giovanna Vertova, apparso inizialmente su palermo-grad, che ripercorre la storia e la memoria della giornata dell’8 marzo, oggi quasi esclusivamente strumentalizzata dalla Società dello Spettacolo e dalla retorica consumista del regalo della mimosa. L’8 marzo è una giornata carica di una lunga “memoria degli oppressi” direbbe Walter Benjamin e guardare attentamente al passato, che forse, con un “rivoluzionario balzo di tigre”, ci permette di scorgere la “breccia utopica” per cambiare anche il nostro presente.]
di GIOVANNA VERTOVA [8_03_2019_ITA] *
Mi piacerebbe qui ricordare la storia della Giornata Internazionale delle Donne (GID), affinché si impari a distinguere questa dalle cosiddette “feste” (festa della mamma, festa del papà, san valentino, ect.) che sono state inventate per puro spirito di consumismo. La GID non è una “festa” ma una giornata di memoria. La storia della GID è legata a tutte quelle rivendicazioni per il lavoro, per il voto, per l’istruzione, per la possibilità di occupare posizioni pubbliche, per porre fine alle discriminazioni, portate avanti dalle donne agli inizi del 1900.
Ed è una storia lunga! Cercherò qui di riassumerla brevemente.
Nel 1908, 15.000 donne marciarono nella città di New York per chiedere l’accorciamento della giornata lavorativa, paghe migliori e il diritto di voto.
Nel 1909, con la Dichiarazione del Partito Socialista d’America, la prima GID venne celebrata negli Stati Uniti. La data era il 28 febbraio.
Nel 1910, a Copenhagen, durante la conferenza dell’Internazionale Socialista Clara Zetkin (figura prominente del movimento internazionale dei lavoratori, spartachista e tra i fondatori del Partito Comunista tedesco) propose che, ogni anno, in ciascun paese, si celebrasse una GID. La Conferenza, composta da donne di più di 17 paesi, che militavano attivamente in sindacati, in partiti socialisti e comunisti, in gruppi di lavoratrici, accettarono all’unanimità la proposta della Zetkin. Ma nessuna data venne proposta.
Il 19 marzo 1911, a seguito della decisione presa a Copenhagen, la prima GID venne celebrata in Austria, in Danimarca, in Germania e in Svizzera.
Meno di una settimana dopo avvenne il tragico fatto del “Triangle Fire”. Il 25 marzo 1911 scoppiò un incendio nella Triangle Shirtwaist Company di New York (che era una fabbrica di abbigliamento). Questo incendio fu un evento significativo perché portò alla ribalta le disumane condizioni di lavoro dell’industrializzazione statunitense. La Triangle Waist Company era una tipica fabbrica “del sudore” nel cuore di Manhattan dove regnavano bassi salari, ore di lavoro lunghissime, condizioni di lavoro malsane e pericolose.
Verso l’ora di chiusura scoppiò un incendio accidentale. Poiché era un periodo di agitazioni operarie, i proprietari avevano chiuso a chiave le porte, per impedire che le operaie potessero uscire a scioperare. A seguito dell’incendio morirono 146 donne (delle 500 dipendenti), quasi tutte immigrate italiane ed ebree, in parte bruciate e soffocate e in parte per essersi buttate dalle finestre nel tentativo di scappare.
Le lavoratrici sopravvissute raccontarono dei loro inutili sforzi per aprire le porte del nono piano per accedere alle scale e poter, così, sfuggire all’incendio. Altre lavoratrici aspettarono vicino alle finestre che i pompieri venissero a salvarle, solo per scoprire che le scale dei pompieri erano troppo corte e non riuscivano a raggiungere i piani dove si trovavano loro. Subito dopo l’incendio si alzarono voci di protesta, scioccate per la scarsa preoccupazione delle condizioni delle lavoratrici e per l’avidità che aveva permesso tutto ciò. Entro un mese dall’incendio, il governatore dello stato di New York designò una commissione per indagare sull’evento. Per 5 anni questa commissione condusse una serie di inchieste il cui risultato fu l’approvazione di una legislazione sulla sicurezza nelle fabbriche.
Nonostante, quindi, non ci sia alcun rapporto tra questi fatti e l’8 marzo, questo evento attirò l’attenzione sulle condizioni di lavoro delle donne negli USA.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale delle donne russe, che manifestavano per la pace, celebrarono la loro prima GID (era il 13 febbraio).
Nell’ultima domenica di febbraio del 1917, sempre delle donne russe iniziarono uno sciopero per “il pane e la pace” come risposta ai 2 milioni di soldati russi morti in guerra. La data di inizio dello sciopero era il 23 febbraio nel calendario Giuliano, che corrisponde all’8 marzo in quello gregoriano.
Ecco fissata la data per la GID. La GID quindi non è una “festa”, ma la celebrazione delle lotte delle donne, fatte di sudore e di sangue, per la rivendicazione dei loro diritti.
Purtroppo, negli ultimi decenni, si è persa questa memoria storica.
Oggi si vive nell’illusione che le disuguaglianze tra donne e uomini siano sparite. Certo, sempre più donne entrano nel mondo del lavoro, e, certo, la legislazione per la parità ha fatto passi da gigante dai primi decenni del 1900.
Tuttavia, le disuguaglianze persistono ancora oggi. Nel mondo del lavoro, le donne subiscono una segregazione verticale (glass ceiling), cioè la difficoltà di raggiungere le posizioni apicali della carriera; una segregazione orizzontale, cioè le donne occupate sono concentrate in alcuni settori e/o professioni ritenute, socialmente e culturalmente, “femminili”; il gender pay gap, cioè differenze retributive anche a parità di lavoro; maggior flessibilità, cioè la maggior parte dei contratti atipici riguarda le donne.
Nella vita privata, ancora oggi le donne svolgono la maggior parte del lavoro di cura non pagato, rendendo difficile, per loro e solo per loro, la conciliazione tra lavoro pagato fuori casa e lavoro non pagato in casa.
Nella vita pubblica, ancora oggi le donne sono poco presenti.
Inoltre, rimane l’annoso problema della violenza sulle donne che nessuna istituzione pubblica italiana vuole cercare di risolvere.
La memoria storica dovrebbe servirci per ricordare la strada fatta dalle donne ma, soprattutto, quella che c’è ancora da fare.
(*) Intervento di Giovanna Vertova apparso sulla pagina Facebook “Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova”.